Noto critico
Chi ha avuto modo di vedere gli spettacoli teatrali, le sculture, i quadri e le acqueforti di Francesco Campanoni, si è fatto senz’altro l’idea che egli sia un anarchico e che le sue opere irridano le convenzioni usurate, i luoghi comuni, i pregiudizi e le mode senza senso e valore.
Nelle scenografie delle sue pièces teatrali, Campanoni ripropone la festosa e bizzarra fantasia delle rappresentazioni patafisiche, mentre tra le sue sculture in legno, ferro e grès spiccano, in modo emblematico, tanti “dada”, ovvero cavallucci surrealisti. Diventa pertanto facile ravvisare in ciò che Campanoni produce le suggestioni ereditate dai movimenti artistici più nichilisti del ‘900. Sono però le acqueforti ad avere la meglio nella sua cospicua e multiforme produzione artistica. In trent’anni di lavoro calcografico, le laboriose acquetinte di Campanoni hanno raggiunto un meritevole livello di esecuzione tecnica. Ma è, soprattutto, l’originale ed inesauribile energia narrativa, che viene immediatamente percepita dall’osservatore, a trasformare in microscopici racconti, quasi in vignette satiriche, ognuna delle sue stampe. La pulita ingenuità polemica riporta alla mente, per qualche verso, lo spirito ribelle di Giovannino Guareschi.
Che siano racconti o quasi strisce di fumetto lo testimoniano anche i titoli, che sono parte integrante del racconto. Ad esempio un’acquaforte raffigura un re seduto ad un capo di un lunghissimo tavolo che chiede alla regina, che è seduta di fronte a lui, lontanissima, all’altro capo della mensa: “mi passi l’acqua?” Ed il titolo è proprio: Mi passil’acqua? E’ subito evidente che la divertita sorpresa dell’osservatore sarà tutta nella lettura del titolo. Raramente i titoli sono semplicemente un’aggiunta di senso a ciò che già si coglie attraverso l’immagine, più frequentemente sono inaspettati e offrono all’osservatore uno stravolgimento di senso. Penso proprio che il gioco sia, per Campanoni, ancora quello surrealista, come è stato per i grandi padri fondatori Mirò, Duchamp e compagni.
Di queste acqueforti affascina l’incredibile varietà di soggetti, ma d’altra parte la stessa tecnica dell’automatismo utilizzata per crearle, ne favorisce la straordinaria diversità. Come per gli scrittori surrealisti, che scrivevano qualsiasi parola si presentasse alla loro mente conscia durante il processo creativo, così Campanoni si lascia guidare da un tratto, da una linea di matita che s’avvolge, si snoda, s’aggroviglia, creando figure, ambienti, personaggi e infine racconti assolutamente inaspettati, anche per lui. Le acqueforti di Campanoni sono, quindi, pura associazione libera, che danno libero sfogo e dignità artistica al suo inconscio. Naturalmente, mano mano che il disegno prende corpo, prendono corpo anche significati e pensieri più razionali che, diversamente dal risultato surrealista, sono sempre intelligenti e narrativi.
Le acqueforti di Campanoni sono una scrittura che narra di un piccolo mondo fatto di scoperte, di stati d’animo, di ribellioni, di risate, di fughe, di trasporti nel vento che spazza imperioso, trascinando cappelli, persone, cani, giornali e pagine e pagine di minuscoli libri che nessuno può leggere. Sono piccolissime novelle in forma d’immagine; e forse un giorno, tutte insieme, una legata all’altra, stupiranno raccontando un’unica storia.
Alfonso G. Ferrari